DailyMedia 23/05/2017
Negli ultimi tre anni il mercato degli investimenti sulla radio è cresciuto del 12,8%. Una buona performance, trainata soprattutto dagli andamenti del 2015, +8,6%, contrapposto a un 2014 in calo del 2,5%, e seguito dal 2016 a +2,3% grazie a “big spender” come l’automotive, la finanza, il business e, recentemente, la gdo. Tuttavia, la radiofonia in Italia ha ancora un potenziale inespresso in alcuni settori merceologici, quali, ad esempio, l’ecommerce, la tecnologia, il lusso e la moda, che ancora sono restii a investire nonostante la grande affinità con il target medio di chi ascolta la radio. Sono alcune evidenze emerse da Radiocompass 2017, lo studio condotto da Mindshare in partnership con FCPAssoradio e in collaborazione con Manzoni, Mediamond, Openspace, Rai Pubblicità, RDS Advertising, System 24, Teamradio, presentato ieri a Milano. «La radio è un mezzo in buona salute, con una dimensione relativamente piccola – spiega Roberto Binaghi, chairman e ceo di Mindshare -, dovuta alla struttura “tv centrica” del mercato italiano e la sua possibilità di crescere risiede nello sviluppo presso quei settori, come l’e-commerce, estremamente affini al target, così come la moda e il lusso», che però sono molto legati alla cultura dell’immagine, oltre che «alla difesa dei prezzi». Creatività ad hoc Per Binaghi bisogna ritornare a parlare di creatività pensata per la radio: «Le multinazionali prediligono la comunicazione televisiva. Un unico filmato può essere facilmente adattato ai diversi mercati, mentre la radio pone problemi linguistici. Inoltre, nel nostro Paese si investe molto di più sulla creatività tv e anche sul web, spesso, si usano i cut degli spot tv invece di pensare una creatività su misura». La radio è comunque un mezzo «in buona salute e in sostanziale equilibrio» nell’attuale assetto di mercato, anche se «mi aspetto ancora qualche movimento» relativamente a concentrazioni o a cambiamenti «non necessariamente a livello editoriale». Binaghi ha presentato alcuni dati che caratterizzano il mercato radiofonico, a cominciare dagli ascolti in costante crescita. In attesa dei dati In attesa della nuova ricerca sulle audience promossa da TER – Tavolo Editori Radio, che sarà pubblicata a settembre, il dato 2016 indica 35.504.000 ascoltatori nel giorno medio e 44,7 milioni circa nei sette giorni, a fronte, rispettivamente, di poco più di 35 milioni e 44,4 milioni circa registrati nel 2015. Il tempo medio speso quotidianamente ascoltando radio, l’anno scorso, è stato di 3 ore e 22 minuti, e la reach media si attesta sul 67% presso gli individui dai 15 anni in su; e del 76,2% nel segmento 15-45. Secondo le previsioni di GroupM, il mezzo dovrebbe chiudere l’anno con un incremento dell’1,5%, a fronte di una tv “flat” (-0,3%) e internet a quota +7,8%. In Italia, la radio si conferma, allora, un mezzo efficace, e per questo motivo perfettamente complementare alla televisione. L’ascoltatore italiano è il più attento tra Francia, Germania, Spagna e Uk. Soprattutto, la radio è un mezzo molto connesso alle marche e considerato una valida fonte di raccomandazione. Lo studio GroupM Live Panel condotto nei Paesi suddetti evidenzia che in Italia l’adv in radio è molto efficace nelle decisioni di acquisto di automobili (53%), prodotti finanziari (53%), telco (63%), viaggi (70%) e food (63%). Allo stesso tempo, l’efficienza si riscontra relativamente ai costi, soprattutto se in abbinata con la televisione. Ancora una volta, la radio si conferma un mezzo caldo, molto apprezzato e associato alla passione: caratteristica, quest’ultima, che negli altri paesi europei viene citata molto meno. A questo si collegano l’affinità con i social e la filosofia della condivisione. Complessivamente, la radio italiana genera circa 12,7 milioni di fan su Facebook, 6,8 milioni su Twitter e 1,4 milioni su Instagram. Infine, il target degli ascoltatori più assidui è evoluto, e si combina in modo complementare con il pubblico televisivo “light” e con quello, invece, “smanettone” degli “heavy web”. In particolare, si evidenzia l’ascoltatore “heavy radio”, molto attivo nello shopping online, in particolare in ambito lusso e finanza, nonché propenso alle auto elettriche e all’online banking. Il confronto sulla radio si è esteso ai contenuti e a chi li realizza. Al convegno sono intervenuti, portando la testimonianza della propria esperienza, Linus, di Radio Deejay, Daniele Bossari, di Radio Italia, Ringo, di Virgin Radio, Nicoletta De Ponti, di RTL102.5, Matteo Caccia, di Rai Radio2, Rossella Brescia, di RDS, Giuseppe Cruciani, di Radio24, e Luca Viscardi, di Radio Number One. Un mezzo che convince La radio è anche un mezzo molto persuasivo. Ne ha parlato Vincenzo Russo, professore responsabile del Centro di Ricerche di Neuromarketing, Behavior and Brain Lab IULM, che ha illustrato alcune prove scientifiche sull’efficacia della comunicazione radiofonica, da sola e a integrazione di web e tv. Sono state analizzate le modalità di ricezione degli stimoli auditivi da parte di un ascoltatore, misurando risposte cerebrali, movimento degli occhi, sudorazione e battito cardiaco. Il presupposto dello studio è che un messaggio audio viene recepito in un tempo del 22% inferiore a un messaggio scritto; e ciò che si sente viene ricordato meglio. Lo stimolo auditivo, infatti, porta il nostro organismo a produrre dopamina, l’ormone del piacere, che attiva la memoria e le emozioni. I risultati emersi hanno evidenziato che la radio suscita sorpresa e gioia, la tv soprattutto gioia, mentre il web stimola concentrazione a livello cognitivo. Ma lo studio sottolinea anche l’efficacia di una strategia media-mix: la visone di spot tv già ascoltati in radio ne aumenta l’interesse e il coinvolgimento emotivo e lo stesso si verifica per i banner sul web. Sono, quindi, le emozioni che, secondo Russo, devono essere suscitate da uno spot radio. L’obiettivo è attivare l’immaginazione dell’ascoltatore attraverso i suoni per innescare i circuiti della memoria. È questa la “dritta” che la scienza dà alla creatività. Nell’era dei big data Marco Brusa, Head of Data Insight di Mindshare, ha illustrato i risultati delle analisi effettuate grazie all’utilizzo dell’ampia DMP di GroupM. «Vogliamo dimostrare come anche la radio – ha affermato – sia entrata nel mondo dei dati, permettendo di realizzare strategie di comunicazione data-driven, basate sui comportamenti dei singoli individui». E’ quindi evidente che il concetto del target individuale, partito dal web, si è esteso anche alla comunicazione tradizionale e come la radio sia un ingrediente fondamentale nelle strategie consumer-centric. L’analisi è stata effettuata, ha spiegato Brusa, «attraverso l’osservazione puntuale della navigazione online degli ascoltatori radio, allo scopo di individuare le differenze rispetto alla navigazione online di chi fruisce del mezzo televisivo o del mezzo digitale, focalizzando l’attenzione sui rispettivi comportamenti e interessi». Ma non solo. Nonostante la mole enorme di dati da processare (70 milioni di ID al giorno, che si riferiscono a 26 milioni di persone), sono stati individuati anche gli utenti intensivi (heavy) di radio e digital, e i “light tv viewer”, il tutto per arrivare a definire 360 microcategorie di identificazione, all’interno delle quali l’individuo continua a muoversi in base alle ricerche che effettua e grazie al continuo aggiornamento dei dati. Dai risultati emerge che gli ascoltatori della radio sono più dinamici online rispetto alla media della popolazione e ciò è ancora più evidente per gli “heavy” ascoltatori del mezzo. La radio inoltre svolge un ruolo “elettivo” per il consumatore rispetto ad alcune classi di interesse (le top 6, per indici di affinità, degli “heavy” ascoltatori, sono: automotive, finance, business, shopping, style e fashion, technology), mentre per altre classi la radio, complementare a un altro mezzo, è utile a migliorare gli indicatori di affinità (nell’81% delle categorie in sinergia con tv e nel 70% con il web). Infine, l’elaborazione dei dati permette di generare contenuti sempre più in linea con gli interessi degli ascoltatori.