DailyMedia 16/07/2014
Anno orribile per il 2013 per il settore delle comunicazioni italiano (tlc, radio e tv, editoria e internet, servizi postali), con un calo del 9 per cento dei ricavi sul 2012 a quota 56,1 miliardi di euro. Male anche il settore internet, a -2,5 per cento (vanno meglio le tv a pagamento). A fare il punto sul comparto è la relazione annuale Agcom 2014, presentata ieri a Roma alla Camera dal presidente Angelo Cardani. Guardando le singole voci, l’editoria, quotidiana e periodica, ha perso nel 2013 quasi 700 milioni di ricavi. I quotidiani passano da 2,5 miliardi del 2012 a 2,3 miliardi del 2013, i periodici da 2,8 miliardi a 2,3 miliardi. Il fatturato dei quotidiani è sceso del 7%, quello dei periodici il 17,2%. Cifre ormai lontane dai 3,1 miliardi del 2009: nel 2012 restano stabili i ricavi da vendita di copie (-0,48% a quota 1 miliardo 162 milioni), ma a pesare è il calo della pubblicità (-13,17% a quota 983 milioni). I ricavi da collaterali perdono il 16,53%, ora a quota 107 milioni. Per quanto riguarda i periodici, dal 2010 è andato in fumo oltre un miliardo di ricavi (da 3,4 miliardi a 2,3 miliardi). L’anno scorso i ricavi da vendita di copie sono scesi del 13% (1,6 miliardi a 1,4 miliardi), la pubblicità del 24,1% (da 1 miliardo a 766 milioni), i collaterali del 21,3% (da 167 a 131 milioni). Anno negativo quindi anche per la pubblicità considerata nel suo complesso: il calo dei ricavi complessivi rispetto all’anno precedente è stato del 10,9%, passando da 8,3 miliardi a 7,4 miliardi. Crollano periodici (-24,1%) e quotidiani (-13,2%), ma vanno male anche tv (-10,1%) e cinema (-7%). La radio perde il 6,4%. Scende per il primo anno anche internet (-2,5%). Analizzando le posizioni degli operatori, segnala l’Agcom, Sky resta regina dei ricavi tv in Italia nel 2013, la Rai perde meno dei concorrenti ed è ora seconda, sorpassando Mediaset. Lo scorso anno il gruppo 21st Century Fox/Sky Italia ha rastrellato 2,6 miliardi (-3,5% rispetto al 2012), la Rai 2,3 miliardi (-1,6%), Mediaset 2,2 miliardi (-8,2%). A pesare sui ricavi Mediaset è la pubblicità scesa a quota 1 miliardo 730 milioni da 1 miliardo e 966 milioni del 2012, mentre è cresciuta l’offerta a pagamento da 520 milioni a 550 milioni. La Rai ha visto invece crescere leggermente le risorse legate al canone da 1 miliardo 647 milioni a 1 miliardo 654 milioni e scendere quelle della pubblicità da 683 milioni a 632 milioni. Sky registra un calo delle entrate da pay (da 2 miliardi 435 milioni a 2 miliardi 395 milioni) e della pubblicità (da 265 milioni a 210 milioni). Seguono a grande distanza Cairo Communication, proprietario di La7, a quota 136 milioni, e Discovery a quota 125 milioni. Per quanto riguarda le quote di mercato della tv gratuita, la Rai sale al 49,4%, mentre Mediaset scende al 35,1%. Nella tv a pagamento, invece, Sky Italia detiene il 77,8% del mercato e Mediaset il 19,1%. Gli ascolti di Rai e Mediaset – emerge ancora dalla Relazione – vedono sempre più ridursi il distacco dalla quota di ascolti degli altri operatori tv considerati nel loro insieme. Par condicio e stato dell’arte delle tlc Cardani interviene anche sulla legge per la par condicio, che «denuncia sempre maggiori ed evidenti criticità applicative, specie nei periodi elettorali, rispetto alle quali è certamente auspicabile un nuovo intervento del legislatore che possa coniugare la irrinunciabile esigenza di assicurare una efficace tutela del pluralismo informativo, con l’evoluzione del panorama mediatico e politico». Cardani ha ricor dato che «l’Autorità, alla fine del 2013, ha avviato un processo di revisione della disciplina attuativa della legge medesima per il periodo non elettorale al fine di tenere conto dei cambiamenti intervenuti nelle modalità di fruizione del mezzo radiotelevisivo e nei format dei programmi». Il presidente Agcom ha quindi sottolineato che «la comunicazione politica, genere sul quale il legislatore del 2000 aveva costruito il baricentro della par condicio, rappresenta in effetti un veicolo di informazione ormai superato: i dati di ascolto evidenziano una scarsa attenzione del pubblico verso questa tipologia di programmi. Di contro – ha proseguito – è cresciuta l’attenzione per i telegiornali e per i programmi di approfondimento che, prendendo le mosse da fatti di attualità, sono realizzati con format nuovi che attraggono l’interesse del pubblico per il tipo di confronto proposto. I compiti di vigilanza di cui l’Autorità è investita – ha aggiunto Cardani – sono divenuti, inoltre, via via più complessi in ragione, da un lato, dell’evoluzione delle modalità di fruizione del contenuto radiotelevisivo, e dall’altro, della incontrollabile frammentazione partitica, ben lontana dal bipolarismo che aveva ispirato la disciplina del 2000. Il mutamento di scenario cui ho fatto cenno – ha concluso – richiede una profonda riflessione del legislatore, volta ad adeguare l’impianto normativo al nuovo quadro mediatico e politico di riferimento. In questo senso, procederemo quanto prima ad inviare una segnalazione al Governo evidenziando gli specifici profili di criticità della disciplina vigente ». Significativo infine il calo anche per le telecomunicazioni, a -8,79%. Fa peggio la rete mobile (- 11,2%), a picco il traffico voce. Il solo mezzo in territorio positivo il il mobile internet: le sim che hanno navigato sono salite a 32,7 milioni (primo trimestre 2014), contro i 31,3 milioni dell’anno scorso. La quota di mercato di Telecom Italia è calata sulla rete fissa per la prima volta sotto il 50 per cento (al 49%). Bene anche il calo dei prezzi delle telecomunicazioni, scesi di 44 punti percentuali negli ultimi 15 anni. «L’Italia mostra segnali di debolezza nello sviluppo e penetrazione di reti digitali di nuova generazione e di accesso ai servizi più innovativi », ha detto il presidente dell’Agcom, Angelo Marcello Cardani, sottolineando che «sebbene nell’ultimo anno si sia parzialmente ridotto il divario digitale dell’Italia rispetto alla media europea, molti sforzi restano da compiere e in questo comune obiettivo l’Autorità continua a fare la sua parte».